Altre 22/05/2025 16:37
HUMMELS: "Se Juric non fosse stato esonerato, sarei andato via la settimana successiva. Voglio chiudere con la Roma in Champions"

Nel corso del documentario "Hummels - La Finale" in cui Mats Hummels ripercorre la sua carriera e il suo ultimo anno da giocatore professionista alla Roma, il difensore ha raccontato anche dei retroscena. Ecco le sue dichiarazioni.
La città è stata uno dei motivi per cui hai scelto di venire alla Roma?
«Sì, anche. Volevo vivere in una città dove si stesse bene. E inoltre volevo conoscere un’altra cultura, dato che non avevo mai vissuto fuori dalla Germania. Volevo provare qualcosa di diverso». [...]
Davvero avevi pensato di lasciare la Roma?
«Se Juric non fosse stato esonerato, probabilmente sarei andato via la settimana successiva. Preferisco giocare male che non giocare affatto. Essere ridotto all'insignificanza è stato davvero brutto, questo mi ha buttato giù. Me ne sarei dovuto andare, altrimenti a un certo punto sarei esploso».
Hai avuto paura che la tua carriera stesse andando in un'altra direzione?
«Sì. Se non fosse arrivato un altro allenatore sarei dovuto andare via, altrimenti sarei esploso. Ho cercato di gestire quella situazione in modo professionale, non dicendo nulla pubblicamente. Ma dentro di me stavo scoppiando, tanto che feci brutte partite anche quando giocai qualche minuto. Dovevo accettarlo, ma allo stesso tempo pensavo: 'Non me lo meritavo'. Mi ha infastidito quando in conferenza stampa disse: 'Non guardo il curriculum o ciò che un calciatore ha vinto'. Io pensavo: 'Non stiamo ottenendo risultati, come ti viene in mente di non provare almeno a farmi giocare?'. Avrei capito la sua decisione in caso di risultati positivi, ma non era così. Io continuavo a pensare dentro me stesso: 'Sai che so difendere e so come funziona il calcio. Dammi almeno una possibilità...'. Alla fine me l’ha data, una volta sola».
E contro la Fiorentina sei stato protagonista di un autogol...
«Dal punto di vista mentale non ero pronto per giocare. Quando sono entrato in campo ho avuto una sensazione davvero strana. Al secondo colpo di testa mi feci autogol e lì mi sono detto: 'Forse non è destino'».
E il giorno dopo sei volato a Parigi per la cerimonia del Pallone d’Oro...
«È stato davvero strano. Mi sentivo un po’ fuori luogo, era surreale considerando la situazione che stavo vivendo alla Roma».
L'arrivo di Ranieri?
«C'era tanta pressione e mi dicevo: 'Se non rendo nemmeno con il terzo tecnico allora ho fallito'. La gente avrebbe potuto pensare che fossi io il problema». [...]
Quanto sono importanti gli allenatori?
«Sono la cosa più importante in assoluto nel calcio. Non conta quanto sia forte una squadra, dato che se l’allenatore non è quello giusto i calciatori renderanno al di sotto del loro potenziale. [...] Immagina se avessi avuto uno come Juric a vent’anni, ovvero un allenatore che non si adatta affatto al mio stile di gioco e che non punta su di me. La mia carriera avrebbe potuto prendere una piega completamente diversa». [...]
L'errore contro l'Athletic Club?
«Mi ha fatto davvero male. Il fatto di aver tolto a me, alla squadra e ai tifosi la possibilità di vincere un altro titolo internazionale mi ha ferito particolarmente. Il pensiero che potesse essere l’ultima partita della mia carriera in una competizione europea mi ha accompagnato per tutto il giorno prima della gara e già prima dell'inizio della sfida mi sentivo bloccato. Credo di non essermi mai sentito così male in campo in tutta la mia vita, sentivo le gambe pesantissime e non avevo lucidità. E proprio da lì è nato l’errore. Inizialmente volevo fare un lancio lungo, ma poi ho pensato: 'In questo momento non ho assolutamente la lucidità per farlo. Meglio mantenere il possesso'. Volevo passarla a Mancini, ma poi ho pensato che fosse troppo rischioso perché c'era l'attaccante avversario. E all’improvviso il pallone è andato via, non me ne sono nemmeno accorto. Mi ha dato fastidio il fatto di non essere riuscito a concentrarmi mentalmente, tutta la mia giornata era stata condizionata da quel pensiero: 'Forse oggi è l’ultima partita internazionale della mia carriera'».
La tua carriera sta giungendo al termine...
«Sì, questa è la mia ultima stagione. Potremmo ancora puntare alla qualificazione in Champions League ed è proprio quello che voglio. Voglio che la squadra ci arrivi e non importa se io sarò in campo oppure no. È semplicemente il mio desiderio: voglio che i ragazzi con cui ho vissuto quest’anno giochino in Champions l’anno prossimo. So di aver dato anch’io il mio contributo. Sarebbe bello avere la sensazione che il tempo passato insieme sia servito a qualcosa di importante».
Hai già deciso che lascerai il calcio?
«Al 100% non si può mai escludere nulla, ma è estremamente improbabile. Se volessi continuare a giocare dovrei ricominciare a farlo a luglio e non ho assolutamente voglia. In più dovrei sacrificare nuovamente la vita privata e soprattutto vedere poco mio figlio. Lui mi aveva detto di giocare per un altro anno e se mi avesse detto di smettere, l'avrei fatto. Avrei bisogno di qualcosa che mi appassioni così tanto da essere disposto a fare di nuovo questi sacrifici. L'unico club per cui lo farei, nella mia sfera emotiva, è il Borussia Dortmund. Non credo che succederà, ma se il Borussia dovesse chiamarmi inizierei a pensarci. Concludere la mia carriera da giocatore del BVB sarebbe un altro pensiero che mi frulla per la testa».
Contro il Milan è stata l’ultima partita in casa della tua carriera.
«Sì».
Che sensazione ti ha dato?
«Alla fine è stato strano, soprattutto perché non ho giocato neanche un minuto. Era una partita in cui un’occasione ci sarebbe anche potuta essere. Devo ammetterlo, fosse successo in una delle altre cinque gare precedenti non avrei detto nulla. Ma non aver giocato contro il Milan fa male considerando ciò che poteva significare per me questo momento. C'è stato un mix di emozioni tra il saluto con la famiglia e il fatto che abbiamo l'opportunità concreta di qualificarci alla prossima Champions League. Sto provando belle emozioni, ma anche un po’ di tristezza perché è finita. Sono deluso di non aver giocato nemmeno un minuto».
Qual è la tua sensazione riguardo all'esperienza a Roma?
«L’esperienza è stata molto interessante dal punto di vista personale. In campo avrei voluto fare il meglio possibile e vincere qualcosa. All'inizio è stata complicata, ma sono molto soddisfatto delle partite giocate in Serie A e in Europa League prima di Bilbao. La gara contro l'Athletic rovina un po’ la valutazione generale, non è stato un finale da sogno».