La penna degli Altri 15/01/2010 10:01
Totti come il Cid. Parola di Brutus

cosparso di cenere: me piget, me pudet, me paenitet Sì, in effetti, per lungo tempo, ho vegetato nellerrore, mi sono incarognito a considerare Francesco Totti soltanto unosplendido calciatore, dotato di piedi prodigiosi e e basta.
Sì, forse suggestionato dal sovrano parere di Nils Liedholm che, una volta, riferendosi ad altro campione giallorosso (di cui non farò il nome), ebbe a sentenziare: Lui, tutto piedi, ma niente cervello, ho pervicacemente inclinato per troppo tempo a trascurare, peggio, a ignorare le doti intellettuali, spirituali, umane del bravissimo condottiero romanista. Al massimo, con imperdonabile ottusità, mi limitavo a dire di lui: Sì, un bravo figliuolo, tenero coi bambini, compie atti benefici, ma, forse, a scopo pubblicitario.
Naufragavo insomma nellerrore. Ora, con buon diritto, ci si domanderà che cosa mi abbia da ultimo indotto a ricredermi. Rispondo: non una cosa, ma due persone mi hanno aiutato a vedere, a riconoscere il vero Totti e le sue virtù. Grande peso in questa mia conversione ha avuto unamichevole, stimolante conversazione avuta, tempo addietro, in occasione del suo settantesimo anno, con Maurizio Costanzo, tanto nomini, mentre non è da trascurare ladorazione che Brutus invariabilmente manifesta nei confronti del Capitano, quando appare in tivù.
Il parere di Costanzo, comè ovvio, fa premio su quello di Brutus (vi spiegherò poi il perché). Con Maurizio, in quel nostro lieto retrouvailles, fui sincero quanto empio: Senza eguali come giocatore, altrove ritengo non possa nutrire soverchie ambizioni. Col garbo perfidamente bonario suo proprio, il pontefice televisivo, che di Totti è amico e, ritengo, padre spirituale, mi liquidò sollecitamente:Vedi, pallone a parte, quel ragazzo lì ha lo stesso talento romanesco di Alberto Sordi, ma non lo sa. Finì così, con una battuta: passammo ad altro.
In seguito, ho ripensato spesso a quelle parole e ho incominciato a dubitare delle mie perverse opinioni. E qui interviene Brutus. Brutus, si sappia, è un gatto stradarolo romano, dallo splendido mantello bianco e nero, tanto che i ragazzini che da cuccioletto provvedevano a brutalizzarlo lavevano chiamato Alex, con ovvio riferimento a Del Piero.
Dopo averlo sottratto alle loro crudeltà, fu mia sollecita cura ribattezzarlo Brutus, un nome che contiene Roma e anche un po di Shakespeare. Da quasi tre anni, Brutus regna dispoticamente sul giardino di casa e su quelli limitrofi. E un gatto gatto, nel senso che gode di assoluta autonomia e libertà: fa strage di topi e, ahimé, anche di uccelli, bisce, gechi e lucertole; si fa vivo in casa solo per mangiare, dormire e per ripararsi dalla pioggia.
Insomma, quando gli garba. Brutus, e qui veniamo al punto, detesta la televisione: cerca sempre rifugio lontano dal gracchiare del video. Cè solo un personaggio che linduce a soffermarsi, interessatissimo, quasi incantato, dinanzi al teleschermo. Questo personaggio è Totti, nelle sue esibizioni pubblicitarie per i telefonini et similia. Brutus, comè ovvio, non parla il linguaggio degli umani, ma sa esprimere compiutamente i suoi sentimenti. E, vi garantisco io che lo conosco, nutre per Francesco un ammirazione sconfinata. Insomma, è il suo idolo. Il suo idolo, mi spiego, non come calciatore, ma come attore. In definitiva, come uomo. Qualcuno, forse, ora penserà che io stia celiando. Ma si sbaglia di grosso. Mai stato più serio: i gatti sono esseri magici, di straordinaria intelligenza, appartengono unicamente a se stessi e il loro giudizio sugli umani è infallibile. Ponendo a confronto, comera inevitabile, il parere di Maurizio Costanzo con la passione manifestata da Brutus, ho ravvisato tra le due posizioni unassoluta coincidenza. E di lì è partito il processo di revisione che nel corso di alcuni mesi mi ha indotto a totalmente ricredermi sul conto di Totti, uomo che oggi reputo di multiforme ingegno. Per cui, minduco ora a consigliargli, una volta appesi gli scarpini, dintraprendere la carriera di attore.
Scomparsi i Sordi, i Fabrizi, i Manfredi, in effetti, chi ci rimane? Ma Francesco Totti, perbacco! Costanzo (e Brutus) dixit. Qui si conclude il mio atto di contrizione. Che per altro, trasmigrando dai settori extracalcistici al più specifico campo pallonaro, mi suggerisce di esternare alcune personali opinioni intorno alluso che oggi la Roma fa (o non fa) della eccezionale personalità del suo Capitano.
E vengo al dunque. Pare (anzi, è certo) che Totti contro il Genoa non giocherà. Si riserva, dicono, per la successiva partita con la Juventus. Mi auguro che sia soltanto un sovrappiù di cautela quello che induce Ranieri a privarsi del suo conducator contro i rossoblu (ma la Juve ferrariana è poi tanto più forte del Genoa?). E se così è, Totti e Ranieri sbagliano in solido. Voglio dire che, a mio modesto avviso, Totti continua, con tutti i suoi acciacchi, a valere mezza Roma. Ma forse la vale tutta!
Amici miei e non della ventura, inutile e pernicioso risulta lilludersi coi successi nelle battagliette di retroguardia: i grandi cimenti si vincono e i grandi traguardi si conseguono solo quando Totti è in campo. Perché è lui il campione che viene da un altro pianeta, lunico capace da solo di fare la differenza. Ora, se anche Mister Ranieri si è convertito (Cuius rex eius religio) al tirare a campare di marca ginecocraticopacelliana, be allora tenga pure il Capitano in tribuna; ma se invece nutre ragionevolmente maggiori e più alte ambizioni, ebbene, allora, Francesco deve mandarlo in campo ora e sempre. Quando è in forma e quando non lo è, con due gambe e con una sola, perché Totti è Totti, ed è inconcepibile pensare, oggi, una Roma che metta paura agli avversari priva del suo Capitano.
A me Francesco ricorda quel grande e discusso condottiero ispanico che si chiamava Rodrigo Diaz de Bivar, ma era universalmente noto, presso gli spagnoli e anche tra gli arabi, come El Cid Campeador. Divenuto, dopo una vita sfrenata di battaglie e di vittorie, signore di Valencia ed eroe eponimo della Reconquista, insomma un mito, unicona si direbbe al presente, si trovò a combattere contro lultimo disperato tentativo dei Mori. E lì, ci rimise la ghirba, trafitto da una pazza freccia musulmana. Morì in nottata nella fortezza valenciana, ma sapete cosa fecero i suoi commilitoni? Lo issarono, da morto, sul suo destriero per scatenarlo al galoppo contro lo schieramento ostile.
Bastò la mossa: al suo solo apparire, i Mori furono presi dal panico e si dispersero in fuga. E storia, non leggenda. Ma quandanche fosse leggenda, ci sono personaggi che solo nella leggenda trovano compiuta realizzazione. E il nostro Totti mi si perdoni, per una volta, lenfasi è tra questi. Dunque, Dominus Claudius, bando alla politica dei piccoli passi, che di questi tempi non porta da nessuna parte. Con Francesco in campo sempre, a seminare il terrore tra i nemici. Certo è che, con lui al comando, anche Toni può diventare sul serio un altro Batistuta.