La penna degli Altri 08/06/2011 11:18

Nasce la Roma di Luis Enrique

La scelta di Enrique si porta dietro un tocco di genialità, che si deve in parti uguali, immaginiamo, a Baldini, e Guardiola il quale, non volendo, ovviamente, lasciare il ha indicato quello che potrebbe essere l’uomo giusto: prendete lui.

Non per ripetere pari pari il viaggio effettuato dalla migliore squadra del mondo, perché questo è impossibile e dannoso solo il pensarlo. Ma per aprire una strada, per avviare una piccola rivoluzione culturale, per far capire al mondo che ci sono una piazza e una società in cui si possono teoricamente coniugare buon calcio, etica, rispetto delle regole e degli uomini: si chiama Roma, che ha già ospitato rivoluzionari come Liedholm, Eriksson, Zeman e Spalletti.

L’Olimpico, a quei tempi, si trasformava nel Sistina e non a caso s’innamorò della Roma Pietro Garinei, che del magnifico teatro romano era la musa e il padrone di casa. Quante partite vide e apprezzò in compagnia di Gigi Proietti. Qui Luis potrebbe trovare terreno fertile. Ci sono quelli che vogliono vincere sempre e a prescindere, anche barando e tirando petardi e pietre a Menez. Ma la maggioranza è cresciuta leggendo i libri giusti. Lasciando il e la rambla, il museo di Mirò e del giovane Picasso, la Masia e il Camp Nou, lasciando un’utopia diventata realtà, solo a Roma Enrique poteva planare.

E anche per questo ha detto sì, preferendo all’Atletico di Madrid, dove prospera il potere, anche calcistico. , come Roma, si trova all’opposizione e insegue, da Michels e Cruyff in poi, il sogno del calcio che incanta e rapisce e non conosce trappole, scorciatoie e simulazioni. Il nuovo allenatore sa come si costruisce il e può raccontarlo.

Ma ci vuole tempo. Ci vuole tradizione. Ci vogliono sacrifici e voglia di imparare. Qui troverà giovani in gamba e adulti in gambissima, sempre che i nuovi proprietari non si facciano cogliere dal desiderio di radere Trigoria al suolo: dirigenti, calciatori, settore giovanile.

Anche Roma ha un suo passato da difendere e Luis Enrique lo studierà. Non chiediamogli tutto e subito: faremmo del male a lui e alla Roma. Non è Capello, è un maestro d’asilo. Non è abituato a sfruttare il lavoro altrui, ma un seminatore. Uno Zeman che viene dalla Spagna, non a caso campione d’Europa e di tutto. Bocciato, chissà perché, Montella, non ce n’erano di più stimolanti.