La penna degli Altri 22/05/2025 08:48

Giannini: "Un mio ritorno alla Roma? Non credo, non mi illudo più. Totti? A scovarlo fu mio padre, gli ho voluto bene"

GAZZETTA DELLO SPORT - Nel calcio italiano c'è stato un solo Principe e Roma era la sua città. Portava i capelli ostentatamente lunghi, era di una bellezza feroce e televisiva. Giuseppe Giannini ha rilasciato un'intervista in cui è tornato a parlare della sua carriera e della sua Roma.

Tornerà mai alla Roma?
"Non credo, non mi illudo più. Ho un solo rimpianto. Fu quando Sensi, con cui avevo avuto un rapporto duro e anche brutto, mi chiamò: 'Ti rivoglio nella Roma'. Andai a parlare con il dt Franco Baldini, ma mi fece una battuta poco opportuna, dicendo che fino a poco tempo prima mi ero accompagnato con due procuratori, Morabito e Fioranelli. Ero offeso, non aveva fiducia in me: girai i tacchi e me ne andai. Forse avrei fatto meglio a parlare con Sensi e spiegargli che cosa era successo".

Lei è stato l’idolo di Totti.
"Sì, aveva il mio poster in camera. Fu mio padre Ermenegildo a scovarlo, stava alla Lodigiani e lo portò alla Roma. In ritiro dormiva in camera con me, anzi, l’ha raccontato lui, nemmeno dormiva per l’emozione. L’ho tenuto sotto la mia ala, come aveva fatto anni prima Falcao con me. Credo di avergli dato una piccola mano a muoversi nell’ambiente. Un giorno sua madre, Fiorella, mi fermò fuori da Trigoria, per dirmi che Francesco voleva comprarsi una Golf GTD. Era preoccupata. 'Mi sembra presto…'. Io risposi: 'Signora, lo lasci fare…'. A quei tempi giravo in Ferrari. Un’altra volta Fiorella mi chiese se potevo andare a salutarlo nel locale dove festeggiava i 18 anni. Scesi dall’aereo e ci andai, ero appena tornato da una trasferta con la Nazionale. A Francesco ho voluto bene".

Con la Roma 15 stagioni e 3 Coppe Italia, ma lo scudetto no
"Ho vissuto il mio tempo, in una Roma di transizione tra il 1983 e il 2001. Il tricolore l'ho sfiorato nel 1986, l'anno di Roma-Lecce 2-3. Quella resta la squadra più spettacolare dell'epoca recente".

Cosa fa oggi?
"Ho una scuola calcio a Marino e un locale a Porto Rotondo, lo seguono le mie figlie. Spero un giorno di riuscire a scovare un talento, come capitò a mio padre con Totti".

Chi è stato il più forte con cui ha giocato?
"Toninho Cerezo, Er Tappetaro. Sempre allegro, un fuoriclasse. Abitava all’Eur e veniva a Trigoria con la bici da ciclista. Scendeva, infilava le scarpe da calcio, si allenava, risaliva in bici, no la doccia non la faceva, e tornava a casa. E quando era buio si faceva seguire dalla moglie in macchina, così gli illuminava la strada. Prima della partita mangiava una bistecca gigantesca con due uova, noi pasta in bianco. Girava col cuscino, si accucciava e dormiva ovunque. Uno dei primi giorni si presentò al campo con delle scarpe da calcio in jeans. Le aveva prese chissà dove in Brasile, ci voleva convincere che con quelle giocava meglio…".